Attualità

Il possibile adiacente e l’impresa sociale ai tempi del Covid-19

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Napoli (Lucia Granatello). Il  momento storico che la civiltà occidentale (e non solo) sta attraversando nell’ultimo secolo vede la crisi del concetto di comunità e l’emersione di un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada di ciascuno, ma antagonista da cui guardarsi. Questo soggettivismo ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da qui una situazione in cui, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità.

 

Nel mondo solido le persone erano portate a immaginarsi, o a immaginare gli altri, come individui potenti, in grado di lasciare segni indelebili: dei demiurghi capaci di agire direttamente e con forza sul mondo, cambiandolo per sempre. Il mondo fluido, invece, ci parla dell’azione collettiva come unica possibilità per costruire ambienti favorevoli. Ci dice dell’importanza dell’attenzione e dell’ascolto delle cose nel tempo, della premura nella loro manutenzione.

 

Prima e dopo il Coronavirus

 

 

La cifra degli apprendimenti che questa situazione di quarantena da COVID-19 sta facendo venire a galla, imporrà un prima e un dopo Coronavirus. È in atto sotto i nostri occhi un’infrastrutturazione di soluzioni, un insieme di attività che coinvolgono utenti e producono cambiamento sistemico; cambiamenti che toccano un numero importante di individui, che trasformano le nostre abitudini di vita, meccanismi fondamentali per l’impresa sociale.

 

Potenziare la nostra capacità di leggere alla luce della discontinuità (condizione ora in atto) ci mette davanti alla prospettiva dell’innovazione sociale. È un fatto che oggi l’Italia sia in shock, quindi di fronte ad un cambiamento nonché di fronte ad un forte momento introspettivo-riflessivo.

Il possibile adiacente si basa sull’idea che l’innovazione nasca dalla interazione tra il reale e il possibile. Cattura sia i limiti sia il potenziale creativo del cambiamento e dell’innovazione, ovvero un insieme di fattori molto vicini a ciò che esiste realmente ma che è ancora da esplorare.

 

L’impatto sociale

 

 

L’impatto sociale di questo isolamento sta facendo capire che c’è bisogno di “partecipazione”, che è un modo per rispondere anche ad un bisogno proprio. Il bisogno di partecipazione sta aprendo quindi “soluzioni”, costruendo intelligenza creativa attivata per uno scopo comune e tutto ciò sta creando nuove comunità attraverso meccanismi virtuali, venute meno le modalità ordinarie; creando così alleanze trasversali capaci di cambiare interi sistemi. Gli italiani stanno collaborando attraverso una situazione di isolamento che sta attivando una esperienza di cooperazione e un riversamento di esperienze, inimmaginabile fino a qualche settimana fa.

 

L’adiacente possibile

 

 

Il concetto di base è proprio quello dell’adiacente possibile. Come sappiamo, l’evoluzione non procede per salti, ma la natura (come anche la tecnologia), cerca di innovare con il materiale che ha già a disposizione attraverso la sua ricombinazione. L’innovazione, quindi, si può rappresentare con l’esplorazione di uno spazio che può essere biologico, fisico e concettuale. E questo spazio del possibile si allarga ogni volta che viene esplorato, modificandosi così con elementi di novità.

 

É un po’ come dire che da cosa nasce cosa. “Creare condizioni favorevoli” e “avere cura” sono due attività che, adottando questo modello di lettura, assumono un ruolo fondamentale e caratterizzante dell’attività umana. È indubbio quindi affermare che nell’innovazione sociale il contesto è il contenuto.

 

Un nuovo design di servizi

 

Stiamo assistendo all’inizio di un nuovo design dei servizi, ad una personalizzazione dei servizi basati sull’attenzione al singolo che nasce da una rete di soggetti che condividono un obiettivo comune. La molecola che genera il valore aggiunto sono le relazioni, che generano progresso, che genera avanzamento. Ciò si fonda sulla visione che ognuno di noi abbia le capacità dentro di sé di essere un agente di cambiamento nel mondo (Everyone a changemaker).

 

changemaker sono cittadini del mondo che anche operando a livello locale su un problema sociale, pensano sempre globalmente. Sono motivati ad agire, non si fermano a riconoscere il problema, hanno il coraggio di mettersi in discussione e vedere le cose da una nuova prospettiva. Si attivano in prima persona per trovare una soluzione, provando tenacemente fino al successo. Sarà interessante vedere quanto questo creerà nuove forme di advocacy, o che cosa rimarrà di tutte queste piattaforme accorse in soccorso del trauma #iorestoacasa. L’innovazione sociale produce inevitabilmente contaminazione, produce reti tra soggetti diversi; ne sono un esempio i servizi domiciliarizzati che tengono conto della sicurezza del singolo. L’emergenza ci sta insegnando a customizzare l’offerta. Uno sguardo più attento alla realtà contemporanea ci permette di osservare un paesaggio sociale composito e dinamico in cui esistono anche altri modi di pensare e di fare. Essi sono il risultato dell’iniziativa di persone creative e intraprendenti che, confrontandosi con un problema o con un’opportunità, immaginano e mettono in pratica delle soluzioni nuove dotate di valori, al tempo stesso individuali e sociali. L’innovazione, il POSSIBILE ADIACENTE, altera l’ordine delle cose stabilite, per fare cose nuove  gestendo il cambiamento. L’innata avversione al rischio non ci permette di fare innovazione, di solito, ma siamo in situazione di emergenza, lo shock ha alterato i meccanismi di azione e imposto il cambiamento.

 

Nuovi policy maker

 

In questo clima, l’innovazione del COME è importante tanto quanto il COSA. Ci si sta avventurando verso nuovi policy maker, verso l’innovazione di servizi e prodotti che non nascono dall’offerta, ma da come noi organizziamo ed organizzeremo la domanda. Oggi le motivazioni reali stanno facendo la differenza. Il codice sorgente dell’innovazione sociale necessita di tenere uniti bisogni e aspirazioni. L’agire comune costruisce significato attraverso percorsi di partecipazione che avvicinano persone che chiarificano il loro motivo di partecipazione mentre percorrono tale avvicinamento. È in atto un ingaggio di coscienze che attiva attraverso le “conversazioni”, l’intelligenza collettiva. Le limitazioni introdotte dall’emergenza sanitaria COVID-19 hanno creato impatto sociale. Limitazioni che seppure subite stanno creando condizioni che tendono a (ri)connettere le persone con i luoghi dove abitano e a rigenerare fiducia reciproca e capacità di dialogo. E, così facendo, a creare nuove comunità. Il fine dell’innovazione sociale è l’orizzonte trasformativo. Il modo di trasformare trasformandosi è l’impresa sociale