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Coronavirus, nuovo stop per la giustizia: processi sospesi fino all’11 maggio

tribunale giudiziaria

Arriva un nuovo stop per la giustizia. Il Consiglio dei ministri ha deciso la proroga della sospensione di tutti i processi, che sarebbe dovuta terminare il 15 aprile, secondo quanto stabilito dal decreto Cura Italia. Il nuovo termine è l’11 maggio. Un provvedimento sollecitato nei giorni scorsi dall’Associazione nazionale magistrati, che aveva prospettato il rischio, con la piena riapertura dei palazzi di giustizia, di esporre migliaia di persone al contagio da Coronavirus.

 

Un pericolo tanto più grave, secondo il sindacato delle toghe, vista “l’assenza di dispositivi e misure di protezione”. L’allarme è stato evidentemente condiviso dal governo, che su proposta del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha deciso di prorogare lo stop a tutti i processi. “Abbiamo valutato di attuare questa misura, sentiti anche gli addetti ai lavori, per tutelare la salute di tutti gli utenti della giustizia ed essere pronti a ripartire”, ha spiegato il Guardasigilli, Alfonso Bonafede. Restano le eccezioni già previste dal Cura Italia. Nel settore penale sono assicurate le udienze di convalida di arresto e fermo e i processi con imputati detenuti se sono loro a chiedere. Nel settore civile si celebrano le udienze urgenti che riguardano minorenni e rapporti familiari. Intanto il Csm con una delibera approvata nell’ultima riunione del plenum ha chiesto al ministro della Giustizia di assicurare “con la massima
tempestività e continuità”, gli strumenti necessari e l’assistenza tecnica necessaria al lavoro da remoto anche del
personale amministrativo. Ed è tornato a porgli una questione che ha già messo sul tavolo da tempo: valutare le
modifiche delle norme processuali necessarie a favorire, nella fase emergenziale, l’utilizzabilità nei procedimenti civili e penali, comprese le camere di consiglio, delle modalità di svolgimento da remoto. Una prospettiva che preoccupa l’Unione delle camere penali, già in allarme per un emendamento della maggioranza al decreto Cura Italia che estende fino al 30 giugno le già eccezionali disposizioni in tema di celebrazione a distanza dei procedimenti penali con gli imputati detenuti che ne facciano richiesta, anche ai procedimenti con imputati liberi. E che consente che siano celebrate udienze “nelle quali non siano presenti in aula non già più solo gli imputati, ma addirittura gli avvocati, i pubblici ministeri ed i Giudici, che potrebbero dunque ascoltare ed esaminare consulenti e parti processuali da casa propria”. Prevedere fino al 30 giugno, “in una fase di superamento del picco epidemiologico, di allontanare dall’aula anche giudici, pubblici ministeri ed avvocati, ed i giudici di un collegio tra di loro” e’ un'”assurdità inspiegabile”, ha denunciato il presidente Giandomenico Caiazza con una lettera al ministro della Giustizia, esprimendo un netto no a “misure destinate a stravolgere il processo e a violarne le regole basilari più sacre”. Nessuna decisione del Consiglio dei ministri invece sulla richiesta, ancora dell’Anm, di differire l’entrata in vigore della nuova disciplina delle intercettazioni: uno slittamento necessario, secondo il sindacato dei magistrati, visto che la riforma richiede un insieme di misure organizzative tecnologicamente complesse, “impossibili da adottare e attuare entro il termine a oggi previsto”.

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