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Coronavirus, verso la riapertura dell’Italia: ecco i lavoratori che rischiano di più

parrucchiere

In vista della Fase 2 che dal 3 maggio in poi dovrebbe far ripartire le attività in Italia, uno studio realizzato dall’Inapp, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, fotografa per la prima volta il fenomeno, classificando le professioni in base a due indici: il primo misura la frequenza con cui il lavoratore è esposto a infezioni e malattie, il secondo l’intensità della vicinanza fisica richiesta nello svolgimento delle mansioni, che approssima in larga misura il rischio di contagio dovuto all’attività lavorativa. Sulla base della composizione professionale, gli indici sono stati riportati a livello di settore, distinguendo tra settori rimasti attivi e settori sospesi dalle misure di contenimento varate dal Governo.

 

Le professioni italiane sono state inoltre classificate in base ad un terzo indice che misura la “fattibilità di lavoro da remoto”, così da poter capire se i lavoratori dei settori non coinvolti dai decreti di sospensione hanno la possibilità di lavorare da casa, limitando così il rischio di contagio generale.

Queste informazioni, che riguardano un paniere di 800 professioni, appaiono rilevanti nel pianificare la cosiddetta prossima “fase 2”, quella di un’uscita graduale dalla sospensione delle attività. La ripresa delle attività dovrebbe infatti riguardare prioritariamente i settori dove la prossimità fisica è minore e dove maggiore è la possibilità di lavorare da remoto.

In particolare tra i 10 settori con la maggiore esposizione a malattie e infezioni, quelli del comparto sanitario riportano, comprensibilmente, i valori più alti. Un alto rischio è presente, inoltre, tra i settori dell’istruzione pre-scolastica e degli asili nido, che, al contrario del comparto sanità, figurano tra quelli che hanno temporaneamente interrotto la loro attività. Esaminando il peso occupazionale dei settori aggregati sulla base dell’indicatore di prossimità fisica, si nota che la maggior parte dell’occupazione nelle professioni altamente esposte ai contatti interpersonali opera nel settore dei servizi (compresa l’assistenza sanitaria, non sottoposta a fermo dell’attività) e nel commercio al dettaglio. La manifattura occupa la maggior parte dei lavoratori in cui indice di prossimità è relativamente elevato, compreso tra il 30% e l’80%. Nell’agricoltura, che fornisce beni necessari e per questo non è sottoposta a fermo, la maggior parte dell’occupazione registra un livello dell’indice di prossimità fisica molto basso o nullo.

Ecco le professioni che rischiano di più per prossimità alle persone: Istruzione prescolastica, asilo nido, studi odontoiatrici, farmacie, bar, commercio calzature, corsi sport/ricreativi, commercio di giocattoli, profumeria e cosmetici, pesca marina. Chi rischia di più per esposizione alla malattia: servizi veterinari, servizi ospedalieri, studi odontoiatrici, assistenza residenziale, medicina generale, istruzione prescolastica, medicina specialistica, strutture di assistenza, asili nido, strutture psichiatriche.

Secondo lo studio Inail/Iss è basso il rischio per agricoltori, avvocati e agenti immobiliari; è medio per operai, smart workers, commessi, è alto per dentisti, medici e parrucchieri.

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