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Il Coronavirus uccide anche i ‘non contagiati’: triplicati i morti d’infarto per la paura dei ricoveri

corsia ospedale

Regionale. L’emergenza coronavirus ha fatto registrare un forte decremento di ricoveri sia di urgenza che elettivi per malattie cardiovascolari nelle strutture ospedaliere campane. I dati parlano di un decremento attorno al 60 per cento e di una mortalità per infarto triplicata.

 

Dati definiti ”preoccupanti” da Paolo Golino, professore di Cardiologia e Utic dell’Azienda ospedaliera universitaria ‘Luigi Vanvitelli’. ”Il mancato attenzionamento da parte del paziente e il mancato ricovero in ospedale per timore di contrarre l’infezione da Covid-19 – ha spiegato Golino – ha comportato un aumento di tre volte della mortalità per cause cardiovascolari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e questo dato che ci preoccupa moltissimo. Da qui il mio invito alla popolazione, visto che siamo nella fase2 e in considerazione della diminuzione progressiva del numero di nuovi infetti in Campania, a recarsi negli ospedali qualora si manifestino sintomi che facciano pensare a un problema cardiovascolare o a un infarto”.

 

 

Un invito che Golino rivolge anche in virtù del fatto che ”a fronte di una possibilità molto remota di contrarre il coronavirus c’è la quasi certezza di un aumento della mortalità che invece potrebbe essere scongiurato con il ricovero presso l’ospedale”. Ma il Covid-19 non ha lasciato dietro di sé ripercussioni soltanto sul fronte delle patologie cardiovascolari ma anche di malattie neurologiche dove la riduzione dei ricoveri è ”drastica”. Un netto calo che ha riguardato le patologie ‘a tempo dipendente’, quelle croniche ma anche le attività ambulatoriali. ”Ora è il momento in cui dovremo riprendere sia il lavoro con i pazienti cronici che non sono stati adeguatamente assistiti che il lavoro più difficile con i pazienti acuti – afferma Gioacchino Tedeschi, professore della Clinica neurologica dell’Azienda Vanvitelli – e ritengo che potremmo approfittare di questa circostanza per riaggiustare il sistema perché fino ad oggi siamo stati abituati a pensare che la patologia acuta va gestita negli ospedali e quella cronica dal territorio ma così facendo resta fuori dall’assistenza una fetta di pazienti che sono cronici ma complessi e per questi pazienti spero sia identificato uno spazio negli ospedali universitari e negli Ircs che hanno le giuste competenze”.