Attualità

L’Odissea dei disabili visivi in tempo di Coronavirus (IL SERVIZIO VIDEO)

Quando il Covid non guarda in faccia a nessuno, nemmeno ai disabili visivi

Napoli. Era lo scorso 9 marzo 2020 quando il premier Giuseppe Conte decretò lo stato di emergenza nazionale e chiuse l’intera nazione in un lockdown economico, sociale e umano. Dalle scuole ai negozi, l’Italia si ritrovò a dover rinunciare a vivere, più che a guadagnare, pur di combattere quello che fino a poco tempo fa veniva considerato il male per eccellenza, il nuovo Coronavirus.

 

Gli effetti della pandemia

 

La pandemia, però, non risparmia niente e nessuno, a prescindere dalla condizione sociale, professionale o sanitaria: cosa è significata per le varie comunità dei disabili sparse tutto il Belpaese? E come hanno reagito le istituzioni in vista di un impegno civile maggiormente bidirezionale? L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI), fondata nel 1920, è un ente morale di natura associativa con personalità giuridica di diritto privato, a cui per legge spetta la rappresentanza e la tutela degli interessi morali e materiali dei non vedenti. In particolare, essa favorisce la piena attuazione dei diritti umani, civili e sociali dei ciechi, passando dalla loro equiparazione sociale e l’integrazione scolastica fino alla formazione culturale ed istruzione professionale, senza tralasciare l’assistenza rivolta agli anziani e a quelli di particolare emarginazione sociale per questioni relativamente ricreative e sportive.

 

Tutto questo racchiuso in un semplice ma efficace slogan che l’associazione culla morbosamente: “Non vedere non significa non amare, chiudersi in sé stessi, non godere delle bellezze della vita o non poter praticare lo sport”. La sezione di Napoli, attraverso il Presidente responsabile, Mario Mirabile, il consiglio direttivo ed i gruppi di lavoro garantisce tali diritti e cerca di fornire servizi, intercettando i bisogni dei disabili visivi presenti su tutta la zona Metropolitana.

 

 

Dopo aver compiuto quest’anno 100 anni di storia, l’associazione rimarca con fierezza i traguardi raggiunti: «siamo passati da un cieco che faceva l’elemosina sui gradini delle chiese alle cattedre universitarie e ognuno di noi dovrebbe avere il dovere di combattere per gli interessi di tutti i disabili visivi», fa notare il presidente responsabile, ribadendo la sua scelta di impegnarsi quotidianamente mettendosi «al servizio delle persone non vedenti e delle loro famiglie».

Il Presidente dell'UICI Sezione Napoli, Mario Mirabile

Il Presidente dell’UICI Sezione Napoli, Mario Mirabile

Il Coronavirus che non guarda in faccia a nessuno. Nemmeno chi non può guardare

 

Lo scoppio del Covid-19, però, ha messo in crisi quelli che sono i pilastri portanti dell’associazione, per via di una sensibilità e attenzione agli aspetti relazionali, professionali e sanitari venuta a mancare da parte delle istituzioni. La diversa cultura della disabilità, che si per sé si porta dietro gli strascichi di una condizione limitante, in un contesto difficile ed estremo come quello vissuto durante la pandemia, infatti, ha visto ridurre al minimo le grandi risorse che, normalmente, la comunità dei disabili visivi investe periodicamente nella formazione, nell’informazione e in un maggiore impegno sociale nella società moderna. Il presidente dell’UICI di Napoli, Mario Mirabile, è il primo a metterci la faccia quando si calpestano tali diritti, se a maggior ragione è un male “invisibile” quale il Coronavirus: «Essere ciechi nella società moderna sicuramente non è semplicissimo», afferma, soffermandosi sul fatto che, però, «il Covid ha ingigantito il problema». Secondo Mario, infatti, nonostante il compito della legislazione sia quello di rendere “tutti i cittadini uguali davanti alla legge”, «molto spesso devono essere le associazioni di categoria in prima linea a dover far comprendere quali possono essere le necessità primarie». E proprio durante questo periodo di emergenza Covid-19, sono venute a galla tante difficoltà di altrettanti non vedenti anche per il solo e semplice approvvigionamento quotidiano, reso impossibile a causa della mera motivazione relativa al distanziamento sociale. «Nell’ultimo DPCM c’è stato un emendamento fortemente voluto dalla nostra associazione», spiega Mario, soffermandosi sul fatto che l’esclusione del distanziamento stesso sia «linfa per i disabili visivi» perché un cieco, nella maggior parte dei casi, per quanto possa essere autonomo, «deve essere accompagnato».

 

Le difficoltà

 

Le difficoltà, però, non si sono limitate a questo: «noi lottiamo tutti i giorni per l’integrazione scolastica, per l’inserimento lavorativo, per la tutela dei diritti e degli interessi dei disabili visivi», fa sapere Mario, tagliando l’imbarazzo per la difficile situazione in cui la comunità sta versando con un sorriso bloccato a metà. «La didattica a distanza è stata problematica», ripete, rimarcando quanto le difficoltà per gli studenti ciechi o ipovedenti sia state maggiori «sia per gli ausili poco adatti che per la mancanza degli insegnanti di sostegno e la cassa integrazione degli assistenti alla comunicazione». I bambini, insomma, si sono ritrovati a casa senza supporti, abbandonati ad un male più forte dell’uomo stesso. «Per quelli con minorazione aggiuntiva poi, è indispensabile il contatto 1 a 1», spiega, ribadendo come «da febbraio la mancata presenza fisica del sistema classe» abbia causato ingenti danni a livello psicologico a tanti associati.

 

 

Nonostante tutto, Mario non se la sente di puntare il dito contro le istituzioni: «Abbiamo comunque dovuto sensibilizzarle sulla presenza dei disabili visivi nella regione attivando i numeri telefonici dell’associazione, il lavoro dei nostri dipendenti in smart-working ad il supporto alle tante famiglie dei disabili visivi nel disbrigo delle pratiche burocratiche». Mario fa sapere che «nonostante ci sia stata un’apertura da parte di Ente Autonomo Volturno (EAV) con cui ci siamo confrontati e che ha recepito le nostre esigenze», la situazione rimane critica purtroppo, ad oggi, la stessa apertura non è ancora avvenuta da parte di Azienda Napoletana Mobilità (ANM) e Compagnia Trasporti Pubblici di Napoli (CTP), «nonostante una richiesta di confronto urgente dello scorso 28 aprile».

Il Vicepresidente dell'UICI Napoli, Enrico Mosca, in compagnia di Mario Mirabile

Il Vicepresidente dell’UICI Napoli, Enrico Mosca, in compagnia di Mario Mirabile

Una mobilità tanto cara a Enrico Mosca, vicepresidente UICI della sezione di Napoli e responsabile dell’autonomia, mobilità e adeguamento delle strutture pubbliche. «Gli occhi di un disabile visivo sono le mani», afferma Enrico, sottolineando come, mentre una persona normodotata riesca a fare tutto senza toccare, «un disabile visivo deve “vedere con le mani”».

«Questa è una grossa difficoltà, un’emarginazione data non dai contatti umani ma da una mancanza di deroghe per farci condurre una vita nel miglior modo possibile», sottolinea, mettendo anche in luce quanto sia servito tanto buon senso per evitare di dover incorrere in sanzioni durante il periodo di lockdown. Quando parla di autonomia, infatti, Enrico si riferisce anche e soprattutto al tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche: «c’è il DPR 503 del ’96 che obbliga tutte le strutture ricettive a degli adeguamenti che servono affinché tutte le persone affette da disabilità possano fruire dei loro servizi». Secondo Enrico, durante il periodo della pandemia, «la disabilità è stata messa in disparte»: mentre in altre città come Milano e Bologna la sede centrale di UICI ha messo in campo delle agevolazioni tramite gli enti preposti come un “buono taxi” per permettere ai lavoratori ciechi di svolgere le loro mansioni quotidiane, «il Comune di Napoli ha solamente messo in campo una tariffa Covid senza portarla mai avanti». «Eppure», ribadisce, «i disabili visivi hanno gli stessi problemi per muoversi in città».

Ciro Taranto, Consigliere Delegato allo sport e riabilitazione

Ciro Taranto, Consigliere Delegato allo sport e riabilitazione

Sulla stessa lunghezza d’onda Ciro Taranto, consigliere delegato allo sport e alla riabilitazione: «purtroppo viviamo in un mondo in cui le persone non si rendono conto di che problematiche possano avere un ipovedente o un non vedente», fa sapere, rimarcando comunque la voglia di risollevarsi e cercare di portare avanti la propria vita «quanto più autonomamente possibile». Anche Ciro fa notare il proprio dispiacere per il «rapporto deficitario» che si è venuto a creare con le istituzioni, sottolineando come la difficoltà maggiore sia a livello politico: «spesso e volentieri siamo invisibili, persone che le istituzioni dimenticano e trascurano». Nonostante tutto, «abbiamo reagito in una maniera esemplare perché a livello dirigenziale abbiamo dato supporto ai nostri soci e a tutte quelle persone iscritte» (che a Napoli sono 1600, ndr). A livello nazionale e locale, infatti, Ciro ci tiene a confermare lo sforzo fatto dall’associazione nel «mettere a disposizione servizi come audio-incontri con dei preparatori atletici, facendo fare esercizio fisico via Skype ai nostri associati». «A Napoli siamo stati i primi, per poi essere stati ripresi a livello nazionale grazie al supporto della Slash Radio, la nostra radio ufficiale», chiosa alla fine.

Domenico Vitucci, Consigliere territoriale e responsabile del "Libro Parlato"

Domenico Vitucci, Consigliere territoriale e responsabile del “Libro Parlato”

Curiosità positiva durante questa quarantena è stata, invece, la creazione di un servizio nuovo ma assolutamente innovativo quale il “libro parlato”: Domenico Vitucci, conigliere territoriale di Napoli e responsabile del servizio, infatti, lo descrive come quel “toccasana” che «permette a tutti coloro che hanno una difficoltà di lettura, tra cui i disabili visivi ma anche i dislessici, di poter leggere attraverso la voce umana». Niente più voce metallica o eccessivamente meccanica, quindi, ma una compagnia creata «in maniera totalmente gratuita» (il servizio è ancora finanziato dallo stato, ndr) che «conta opere della Biblioteca Nazionale con voce registrata da attori, doppiatori e professionisti dello speakeraggio» ma anche «di volontari, persone che hanno volontà di mettere a disposizione il loro tempo libero al servizio di coloro che hanno voglia di godersi la lettura di un libro». «Mettiamo a disposizione presso la nostra sede anche una cabina insonorizzata per la registrazione delle voci», conclude Domenico, sottolineando anche la possibilità di poter aiutare a doppiare tranquillamente anche da casa con il supporto di un computer ed un microfono.

“Andrà tutto bene”: le prospettive future della comunità dei ciechi in prospettiva Covid

 

«Dobbiamo ripartire». È questo il diktat imposto da Mario Mirabile affinché «un’ottima integrazione scolastica sia l’incipit di una migliore formazione lavorativa adeguata». Il presidente ci tiene a rimarcare come il lavoro per un cieco sia «“luce che ritorna”, come diceva un nostro presidente degli anni ‘50»: spesso e volentieri, infatti, «si pensa che il disabile debba essere assunto solo perché lo impone la legge», afferma Mirabile, sostenendo tuttavia quanto sia invece necessario valutare un disabile «dalle sue competenze, dalle sue qualità umane e professionali, per quello che è, alla pari degli altri». In Campania la situazione a livello di inserimento lavorativo è «catastrofica», riferisce Mirabile: «la legge 113 del ’85 per l’assunzione dei centralinisti telefonici è ancora attuale e vigente così come la legge 29 del ’94 per i fisioterapisti, la legge 68 del ’99 e 120 del ’91».

 

Una fitta legislazione che «aspetta solo di essere applicata dalle istituzioni e dall’Ispettorato del lavoro in primis», conclude. «Aspettiamo che le cose si riaggiustino», è invece il commento di Ciro Taranto, il quale racchiude nello sport la speranza di una nuova rinascita tutta napoletana: «bisogna permettere a due nostri atleti, di nuoto e judo, che si sta preparando per raggiungere le olimpiadi di Tokyo, di continuare la loro preparazione». «Le prospettive future ci sono tutte», è infine il grido finale di Enrico Mosca: «questa pandemia ci ha insegnato tanto e credo che la condizione che stiamo vivendo ci faccia migliorare», chiosa, nascondendo neanche tanto bene un “andrà bene” che splende forte nei suoi occhi. Stavolta, infatti, questo prossimo futuro dal miglior colorito l’ha visto eccome.

 

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