Politica

Coronavirus, Recovery Plan e Green deal: viaggio alla ricerca della rinascita europea

Coronavirus & European Response: quale sarà il risultato finale?

Francia, Regno Unito, Spagna, Belgio, e a breve anche l’Italia. L’Europa non si è mai sentita così vicina e così unita come in tempi di guerra. Anzi, in tempi di pandemia. La nuova infezione da Coronavirus, infatti, sta flagellando il vecchio continente per la seconda volta dopo esserci attutita verso fine maggio. La “second wave”, come la chiamano all’interno dei palazzi istituzionali di Bruxelles, forza i governi nazionali di tutta Europa a far chiudere le serrande dei negozi e ad aprire nuovamente il proprio portafogli.

 

 

Quanto? Secondo le ultime stime arrivate nel corso della settimana da entrambi i leader di Commissione e Consiglio, verranno messi a disposizione per questa nuova ondata di contagi circa 220 milioni di euro. «La diffusione del virus travolgerà i nostri sistemi sanitari se non agiamo con urgenza», le parole della presidentessa Ursula von der Leyen, che ha anche fatto sapere la rapidità con la quale l’Ue lavorerà alla validazione dei testi antigienici veloci. Nel corso dell’ultima riunione, anche il presidente Charles Michel ha promesso di coordinare meglio gli sforzi, sia a livello economico che sanitario, per combattere il virus e di voler evitare le divisioni di marzo, applicando forze congiunte di tracciamento del virus e dei vaccini, le cui dosi sembrano essere sempre più necessarie per i più bisognosi.

Ursula von Der Leyen e Charles Michel dopo l'ultimo incontro per affrontare le strategie di cooperazione contro il Covid-19

Ursula von Der Leyen e Charles Michel dopo l’ultimo incontro per affrontare le strategie di cooperazione contro il Covid-19

Sull’altra sponda, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha insistito sulla necessità di tenere aperti i confini tra i vari stati membri: «per un paese al centro dell’Europa è importante che i confini rimangano aperti e che ci sia una catena economica funzionante», ha ribadito. Anche il nostro premier, Giuseppe Conte, ha colto l’occasione per chiedere di accelerare sul Recovery Plan: «la riposta sanitaria non è alternativa a quella sociale ed economica», ha sottolineato, facendo capire quanto sia necessario che il piano di recupero europeo debba «partire il prima possibile».

 

 

Recovery Plan: alto mare nell’accordo tra Parlamento e Consiglio

Continua lo scontro tra il Parlamento europeo ed il Consiglio: nel trilogo di giovedì 29 ottobre, infatti, non c’è stata quella svolta sullo stato di diritto che ci si attendeva, e la stessa presidenza tedesca ha respinto anche l’ultima proposta degli eurodeputati sul bilancio Ue. Prima dell’incontro, sembrava che le due parti stessero per avvicinarsi ad un “agreement” ma il problema che riguarda come far scattare la condizionalità che da sì che i Paesi non rispettosi dei valori democratici europei non godano dei fondi rimane uno scoglio ancora insormontabile. Il secondo scoglio, invece, riguarda il decidere se la sospensione dei fondi debba essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata oppure se questa debba essere introdotta solo qualora un Paese voglia bloccare la sospensione proposta dall’esecutivo Ue. I Paesi “frugali”, così, insistono sulla necessità di introdurre un meccanismo di condizionalità, mentre Polonia e Ungheria, che rischierebbero di andare incontro a sanzioni, si oppongono fermamente. Si prospetta una risoluzione nel prossimo trilogo.

Recovery Plan, chiamato anche Next Generation Eu

Recovery Plan, chiamato anche Next Generation Eu

L’obiettivo “verde” non aspetta: i Coreani ci copiano?

Il Green Deal, il progetto di crescita strategica eco-sostenibile voluto fortemente nel mandato 2021-2027 dalla presidentessa Von der Leyen, nonostante la pandemia mondiale da Covid-19, non si ferma. Anzi, raddoppia. Il presidente Moon Jae-in ha annunciato che la Corea del Sud si impiegherà a raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050 nell’ambito di un piano eco-verde che rispecchia fedelmente gli stessi impegni assunti dall’Unione europea. «Sostituendo la produzione di energia da carbone con quella rinnovabile, creeremo nuovi mercati, industrie e posti di lavoro», ha sottolineato, affermando in un discorso al Parlamento mercoledì che, insieme alla comunità internazionale, «risponderemo attivamente al cambiamento climatico». Come parte del suo green New deal, la Corea del Sud punta ad avere 1,13 milioni di veicoli elettrici e 200.000 ad idrogeno sulle strade entro il 2050. La mossa è stata accolta dal responsabile dell’Unione europea per il clima, Frans Timmermans, con grande piacere. «È bello vedere un altro partner intensificare la lotta contro il cambiamento climatico», ha twittato, ribadendo come «il mondo sta cambiando» e sta velocemente andando in direzione di un «beneficio comune».

Il twitt sull'adesione della Corea del Sud al Green New Deal asiatico di Frans Timmermans

Il twitt sull’adesione della Corea del Sud al Green New Deal asiatico di Frans Timmermans

L’Unione europea si appresta ad affrontare una delle tempeste socio-economiche più imponenti dal secondo dopoguerra. Tra problemi di sovranità geopolitica ed autonomia strategica, il vecchio continente scocca le sue ultime frecce del 2020 per escogitare nuove soluzioni a problemi che tornano a farsi tortuosamente presente. Come diceva Monnet: “Non c’è futuro per i popoli europei se non nell’Unione”. Ora, più che mai, è necessario ripetere questa frase al futuro prossimo: “Ci sarà futuro per i popoli europei se insieme nell’Unione collaboreremo per sconfiggere il virus”.