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Anno nuovo, calcolo nuovo dell’Irpef: ecco cosa cambia per tutti i lavoratori. Le novità

Palazzo Chigi, il primo Consiglio dei Ministri del Governo Conte Bis

Nazionale. Dal primo gennaio del nuovo anno, sono cambiate  le aliquote Irpef, con la  compressione degli   scaglioni e ridurre le aliquote degli scaglioni medio-bassi. Ma gli Enti locali avranno tempo fino al 31 marzo per adeguare le addizionali al nuovo sistema a 4 aliquote.

Infatti, le nuove aliquote (e scaglioni) IRPEF, in vigore dal 2022, dovrebbero essere le seguenti:
1) da 0 a 15.000,00 euro: 23%;
2) da 15.00,01 a 28.000,00 euro: 25%;
3) da 28.000,01 a 50.000,00 euro: 35%;
4) da 50.000,01 euro in poi: 43%
In definitiva, il penultimo scaglione si ferma a 50 mila euro anziché a 55 mila euro, scompare lo scaglione 55 mila – 75 mila euro attualmente tassato al 41% e le due aliquote intermedie del 27% e del 38% si riducono, rispettivamente, al 25% e 35%.

Le nuove aliquote, quindi, sono entrate in vigore il 1° gennaio 2022, ma gli Enti locali avranno tempo fino al 31 marzo per adeguare le addizionali al nuovo sistema a 4 aliquote.
Lo sconto medio è di 264 euro l’anno. Ma serve tempo per adeguare i software delle buste paga e l’effetto concreto arriverà solo a marzo quando ci sarà il conguaglio anche per i due mesi precedenti.

Cosa prevedeva il vecchio sistema di tassazione 

Il vecchio sistema di tassazione IRPEF, prevedeva le tradizionali aliquote per scaglioni di reddito: si tratta di 5 aliquote cui corrispondono altrettanti scaglioni reddituali e precisamente:
1) da 0 a 15.000,00 euro: 23%;
2) da 15.00,01 a 28.000,00 euro: 27%;
3) da 28.000,01 a 55.000,00 euro: 38%;
4) da 55.000,01 a 75.000,00 euro: 41%;
5) da 75.00,01 in poi: 43%.

 

La riforma fiscale, scattata col novo anno porterà a una riduzione media di prelievo per 27,8 milioni di contribuenti di 264 euro ma il vantaggio sarà maggiore per i redditi medio alti, quelli tra i 42mila e i 54mila, che dovranno versare all’erario 765 euro in meno in media. Lo studio analizza l’impatto della riforma anche guardando non ai singoli contribuenti ma al nucleo familiare chiarendo che il 20% delle famiglie più povere è «sostanzialmente escluso» dai benefici per effetto dell’incapienza fiscale. In pratica, sottolinea il quotidiano ” Gazzetta del Sud”, il 50% dei nuclei in condizione economica meno favorevole «beneficia di circa un quarto delle risorse complessive (circa 1,9 miliardi), mentre il 10% più ricco beneficia di più di un quinto delle risorse (1,6 miliardi)». Il 20% delle famiglie in condizione economica meno favorevole è di fatto escluso dall’ambito di applicazione dell’Irpef a causa dell’elevato livello dei redditi minimi imponibili e quindi non è coinvolto dalla revisione dell’Irpef