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Borrelli ricorda la vicenda del clochard ucciso

Fermati due 16enne per l'omicidio

Generico giugno 2023

Pomigliano d’Arco. Per l’uccisione di Frederick Akwasi Adofo, il quarantenne clochard africano picchiato a morte a Pomigliano D’Arco nella notte tra domenica e lunedi, i carabinieri, dopo aver visionato le registrazioni della telecamera di un esercizio commerciale ubicato presso il luogo del delitto, hanno identificato e fermato due ragazzi di appena sedici anni.  I due amici sono sospettati di aver ammazzato Frederick a calci e pugni per motivi futili e con la precisa volontà di uccidere.

Gli inquirenti hanno studiato i profili social dei due presunti assassini ed è stato delineato un quadro agghiacciante: i due giovani inneggiano alla violenza con coltelli e bastoni retrattili. Uno dei due ama soprattutto mostrarsi come un duro su Tik Tok raccontando di rapine, latitanza e sangue alla stregua di un malavitoso.

Il deputato dell’alleanza Verdi Sinistra Francesco Emilio Borrelli ha ricordato la vicenda in Parlamento lanciato un messaggio al Ministro dell’Interno Piantedosi affinché intervenga per mettere in campo tutte le forze necessarie per reprimere la violenza e la criminalità dilaganti tra Napoli e provincia soprattutto in riferimento agli ultimi fatti di cronaca verificatisi a Pomigliano d’Arco, comune in cui, oltre alla morte del povero Frederick, si sono registrati nelle ultime settimane aggressioni, rapine ed esplosioni di bombe.

“Noi da tempo abbiamo lanciato l’allarme sui legami tra social, in particolare tik tok, giovani e violenza. Sempre più spesso determinate piattaforme social vengono utilizzate per fare propaganda criminale. Sono strumenti utilizzati sia dai clan, dai boss affermati che, mostrando il loro stile di vita, la loro ‘potenza’ sul web, attirano verso il proprio mondo nuove leve, ricercate tra i giovanissimi. Sono proprio questi ultimi, quindi, attratti dalla violenza vista come una moda, uno status simbol, qualcosa di cui vantarsi e mostrare al mondo.  E nel territorio napoletano qual è la massima espressione della violenza se non la realtà della camorra? Quindi anche se non appartengono effettivamente ad un clan, tanti giovani, provenienti da realtà difficili, si mostrano sui social come navigati gangster, aspirano ad entrarci in un clan spinti dall’assurda convinzione che quella strada li potrà portare ad avere, subito e senza fatica, tutto quello che nella vita gli è sempre mancato e molto di più. Quello che invece otterranno, e lo si è visto anche dall’ultimo episodio di Pomigliano, sono solo dolore e morte per gli altri o per essi stessi oppure la galera.

Due anni fa abbiamo istituito l’Osservatorio su Tik Tok proprio per studiare questo fenomeno e denunciarlo richiedendo l’attenzione delle Istituzioni che devono intervenire con tempestività per scongiurare episodi come quello che ha portato alla morte del povero Frederick.  Sui social la violenza non è, come già detto, solo un modo di raccontarsi ma anche propaganda, cosa che innesca un processo di emulazione. Si è creato un circuito malato, una catena che dovrà essere spezzata. Per farlo occorrerà tempo, dedizione e collaborazione. Istituzioni, scuole, famiglie devono essere un tutt’uno nel programma di rieducazione sociale alla legalità della cultura della non-violenza, un programma che deve avere tra i punti cardini l’intolleranza verso la mentalità e le azioni violente. Chi procura danno agli altri deve pagare e non più essere compatito ed avere delle attenuanti. Infine bisogna intervenire a livello legislativo su quei social e piattaforme che sono diventati il megafono acritico di violenza e criminalità nel nostro paese”- queste le parole di Borrelli.

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